“Avevo 10 anni e mezzo quando la guerra ha fatto irruzione nella mia vita…”
è cominciato così il racconto di Ben Lesser, sopravvissuto all’olocausto che ci ha fatto dono della sua testimonianza durante uno dei nostri Let’s Get Inspired. Nella giornata della memoria vi raccontiamo la sua storia.
Erano giorni duri per la storia mondiale, Ben e la sua famiglia erano testimoni della Notte dei cristalli, ma soprattutto della violenza nazista, che bussò alla loro porta senza tante presentazioni.
Gli orrori che videro cominciarono durante l’occupazione di Cracovia, con le incursioni dei soldati nazisti nelle case, la sottrazione di tutti gli oggetti di valore dalle case degli ebrei e la violenza gratuita verso chiunque, senza risparmiare neanche i bambini.
Era solo l’inizio di una lunga storia di soprusi, dalla stella di David per essere riconosciuti all’impossibilità di proseguire alcune delle proprie attività, il coprifuoco e le uccisioni in caso di violazione.
Per un certo periodo Ben Lesser fu costretto a trasferirsi con la sua famiglia in un paese vicino, ma le incursioni continuarono. Le famiglie perseguitate vennero derubate anche dei testi che facevano parte della letteratura ebraica.
Tra segnalazioni di raid e fughe finirono in Ungheria, in cittadine tristemente conosciute per essere state più volte teatro di violenze indicibili ai danni delle famiglie ebree. Per salvarsi la famiglia di Ben provò a cavarsela con bunker segreti, nascosti nei posti più impensabili, come gli armadi o le casette per cani. Purtroppo però non furono sufficienti.
Tutti gli abitanti del ghetto in cui si trovavano furono trasferiti, caricati su un treno, dove rimasero per 3 giorni, stipati in 80 in una carrozza senza acqua e senza la possibilità di sedersi o riposare, senza la possibilità di usare un vero bagno. Per quanto fossero stremati non potevano immaginare che l’orrore dovesse ancora cominciare.
L’orrore di Auschwitz
Il treno in questione infatti li condusse nel campo di Auschwitz, dove per la prima volta videro le ciminiere.
Ben Lesser, sopravvissuto all’Olocausto, ha raccontato ai nostri doppio diplomini che all’inizio nessuno poteva comprendere o immaginare cosa realmente succedesse lì dentro. Ai più sembrava una fabbrica per cui avrebbero lavorato dal momento che erano convinti di trovarsi in un campo di lavoro. Videro le prime fiammate, camminarono sulla cenere delle ciminiere, che era talmente tanta da sembrare quasi neve su cui lasciare le proprie impronte.
A rivelare quello a cui stavano assistendo fu una guardia, con fare orgoglioso, che senza esitare disse che stavano pestando sulle ceneri di madri, sorelle, fratelli e figli. Nessuno poteva crederci.
Dopo aver superato una prima selezione, che gli consentì di non finire nelle camere a gas, Ben iniziò a realizzare che cosa stava accadendo, scoprì che quel lamento che sentiva poco prima che le ciminiere si attivassero non era una dolce musica, ma il pianto dei bambini e dei pochi ancora coscienti che realizzavano che stavano per essere cremati.
Ogni mattina e ogni sera Ben e molti altri come lui erano costretti a sfidare nuovamente il destino, venivano perquisiti e costretti a uscire nudi, per verificare le condizioni di salute. Se le autorità naziste avessero ritenuto che non fossero più adatti al lavoro sarebbero divenuti anch’essi polvere o uccisi a sangue freddo davanti a tutti.
“My dear friends, I want you to know what was going on. The world has to know. We can’t keep silent. There are only a few of us holocaust survivors who can still speak around, so we’re telling you what hate can cause”
La terribile avventura di Ben non si concluse ad Auschwitz, una volta temprati a forza di soprusi, coloro che erano ancora abbastanza in forze per obbedire vennero trasferiti in un altro campo di lavoro, dove dovettero lavorare come minatori.
A seguito della fuga di 3 uomini tutti coloro che erano rimasti furono soggetti a durissime punizioni, Ben compreso. Vennero frustrati davanti a tutti e umiliati pubblicamente.
La crudeltà andava oltre l’immaginabile. Sembrava che le cose potessero solo che andare peggio finché una mattina non sentirono delle cannonate. Quando si alzarono per andare a lavorare vennero informati che il campo stava per essere evacuato. Ben Lesser e il cugino, con molti altri detenuti del campo cominciarono la marcia della morte, chiamata così perché a ogni segno di cedimento la punizione era solo una, quella dell’uccisione. Arrivarono fino a Buchenwald, dove vennero cambiati e nutriti, ma poi partirono nuovamente perché anche Buchenwald stava per essere evacuato. Per tre settimane furono stipati in un camion che li condusse fino a Dachau. Partirono in300 e uscirono da quel camion vivi solo in 18. Ben è ad oggi l’unico sopravvissuto tra loro.
Tre giorni dopo furono liberati dagli americani. Purtroppo il cugino di Ben non sopravvisse e morì tra le sue braccia subito dopo l’arrivo degli alleati. Fu un prete gesuita a prendersi cura di Ben da quel momento in poi. Svenne e si risvegliò due mesi dopo in un monastero.
Ben Lesser oggi
Ad oggi, nonostante Hitler, Ben ci racconta la sua meravigliosa e ampia famiglia. La sua non è solo la storia di un sopravvissuto all’olocausto, ma una storia di rivincita e di impegno nella divulgazione. Noi non potremmo essergli più grati.
Ha raccontato tutta la sua storia in un libro: “Living a Life that Matters: from Nazi nightmare to American dream”
Siamo stati dei privilegiati ad assistere alla sua preziosa testimonianza, se voleste recuperarla potete trovarla qui.
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