Abbiamo chiesto a Carla, una nostra doppio diplomina con un talento pazzesco per l’informatica di raccontarci qualcosa per questa giornata dedicata alla carriera femminile nelle discipline scientifiche, anche chiamate STEM.
Carla ha da poco incontrato in diretta dagli Stati Uniti Rhea Seddon, dottoressa, astronauta e autrice. Il Let’s Get Inspired a cui ha partecipato l’ha spronata a lottare ancora di più per i suoi sogni. Per questo ha pensato di dedicare questo scritto proprio alla Dottoressa Rhea Seddon.
“Quando ho incontrato la dottoressa Seddon ho realizzato che nessun sogno è troppo grande per chiunque ci creda davvero. Non è raro che chiunque sia appassionato di STEM venga bollato come uno scienziato pazzo o un Sheldon Cooper qualsiasi.
Ma cosa sono veramente le STEM e a quali modelli possiamo fare riferimento?
STEM è un acronimo che deriva dall’inglese.
è composto dalle parole science, technology, engineering and mathematics ed è un termine utilizzato per indicare le discipline scientifico-tecnologiche e i relativi corsi di studio. In pratica è tutto quello che la maggioranza delle persone ritiene nerd. In realtà oggi è una porta d’accesso incredibile al mondo del lavoro e al progresso scientifico.
è qualcosa a cui vorrei dedicare la mia esistenza e in piccola parte ci sto già lavorando. Frequento il liceo scientifico e anche con il Doppio Diploma non mi perdo mai un’opportunità per approfondire ciò che amo. Sto frequentando il corso Concepts of Engineering and Technologies e mi sta dando tantissime soddisfazioni.
Sono consapevole che quella che per me è una sfida positiva, come la matematica, non è esattamente la migliore amica di tutti gli studenti. Ci sono dei momenti in cui anche io faccio fatica a capirla e mi chiedo come uscire dai blocchi che mi creo. Credo anche però che sia impagabile la sensazione di riuscire, superare gli scogli e arrivare al risultato sperato.
è fantastico quasi quanto programmare un sistema da zero o diventare astronauta.
Lo sa bene anche la Dottoressa Rhea Seddon, che con la sua invidiabile esperienza in molteplici carriere mi ha motivato a dare il meglio di me per trovare la mia strada.
Rhea Seddon infatti è stata chirurga, astronauta e in seguito autrice.
Quando aveva solo 10 anni per la prima volta volse gli occhi verso il cielo in occasione del lancio dello Sputnik, il satellite russo. Tuttavia era piccola, e allora la NASA non considerava l’idea di assumere delle donne. Durante il suo percorso scolastico scoprì di essere fortemente interessata alla biologia, e che avrebbe voluto proseguire gli studi intraprendendo la strada della medicina. Scoprì che questa strada era anche compatibile con il fascino per lo spazio, perché la condusse a fare delle ricerche mediche sulla vita nello spazio.
Dunque molti anni dopo e con un percorso diverso da quello che aveva immaginato riuscì a realizzare il suo sogno di quando era bambina e a decollare con uno Space Program.
Si allenò molto duramente per prepararsi al viaggio nello spazio e non ci ha nascosto la sua iniziale ansia. Era perfettamente consapevole del rischio che correva, ma allo steso tempo non poteva ignorare i vantaggi del prendere parte a una missione così importante. In primis avrebbe infatti potuto approfondire la sua materia d’interesse, ovvero la capacità umana di adattamento nello spazio. L’unica cosa da fare era ignorare la paura e lasciarsi emozionare dalla possibilità unica che aveva ottenuto.
“when i finally got my first flight the boosters ignited and eight and a half minutes later i was in space so it was an awesome journey and very strange but very exciting”
Quando la dottoressa Seddon ci ha parlato del training necessario per far parte delle missioni spaziali mi sono sentita catapultata nel paese dei balocchi della tecnologia. Per un secondo mi è balenata l’idea di candidarmi a un programma spaziale.
In primis infatti tutti gli astronauti avrebbero dovuto apprendere tutto quello che l’umanità oggi conosce sullo spazio, ma non solo. Era impossibile infatti partire senza conoscere ogni dettaglio del funzionamento di uno space shuttle. Tanto per cominciare dovevano sapere perfettamente come lo space shuttle riuscisse a volare, come l’elettricità funzionasse a bordo, come i motori conducessero una navetta dritta nello spazio. Ovviamente era indispensabile anche imparare ad utilizzare i computers e gli strumenti a bordo dello space shuttle.
Parte della preparazione prevedeva delle simulazioni inusuali, utili per i casi di emergenza, come poteva essere un atterraggio nella giungla e le relative tattiche di sopravvivenza.
Grande importanza fu data anche allo studio della geologia, della geografia e della oceanografia, in modo che fossero in grado di fotografare e segnalare ciò che ritenevano essere pericoloso per la terra.
Donne nelle discipline STEM
Poi mi sono fatta coraggio e le ho chiesto che cosa consiglia di studiare a tutti i ragazzi interessati nelle scienze. Mi ha risposto che ci sono moltissime scienze che faranno parte del nostro futuro, ma che ciò che conta di più è fare qualcosa che ti stimola. Molte volte infatti, le viene chiesto quale background scientifico serva per entrare a far parte di un programma spaziale, nel suo caso era la medicina, ma in altre missioni il fattore discriminante potrebbe essere l’informatica. Spero proprio che sia il mio caso.
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